Come ha scritto recentemente Raffaele Nigro sulla pagine della «Gazzetta del Mezzogiorno», «L’analisi delle fortune e dei possedimenti di antiche famiglie nobili del regno di Napoli lentamente si va ampliando, man mano che si fa strada un’idea che anni orsono qualcuno diffuse sulla necessità di superare le antiche questioni marxiste sulla devastazione sociale prodotta dalle aristocrazie. Insomma si guarda oggi in positivo, perché l’obiettivo è passato dalle vicende sociali che pure hanno il loro peso, alle pietre, ai monumenti, alle progettazioni urbanistiche. Una svolta». Introduzione obbligatoria, questa, a un nuovo volume pubblicato dalla casa editrice Congedo dal titolo Gli Imperiale in Terra d'Otranto. Architettura e trasformazioni urbane a Manduria, Francavilla Fontana e Oria tra XVI e XVIII secolo (pp. 165, acquistabile qui) ad opera di Vita Basile, ricercatrice di storia dell'arte dell'Università del Salento e già autrice nel 2006, in collaborazione con Vincenzo Cazzato e Simonetta Politano del volume Paesaggi e sistemi di ville nel Salento, pubblciato sempre per Congedo.
Sempre Raffaele Nigro si sofferma in una rapida ma accurata cronistoria delle vicende che hanno visto protagonista la famiglia Imperiale, esponenti della finanza a Genova, in Puglia, dopo i fatti di Lepanto acquistarono casali e altri terreni abbandonati della terra d'Otranto, ripopolandoli con una popolazione alla ricerca di luoghi più sicuri dall'assalto dei Turchi. Scrive Nigro: «Davide Imperiale è il primo acquirente di Oria, Francavilla e Casalnuovo nel 1575 e al suo impegno mercantile terranno fede gli immediati successori Michele I e Davide II. Fu un’accorta politica di insediamento e di gestione dei rapporti eonomici, con matrimoni importanti che legarono il nome degli Imperiale a una serie di famiglie tra cui i Caracciolo, gli Spinola, i Grimaldi, i Granafei. La particolarità della famiglia Imperiale fu la promozione di un’architettura e di un incremento artistico che non si avvalse soltanto di opere, disegni, progetti acquistati fuori feudo. Questi feudatari crearono una vera e propria corte, chiamando maestri che aprirono scuole e accademie. Per esempio dalla Calabria vennero nel Salento gli orefici Iaco di Manfreda, Luca Giardino, Giambattista Volpe, da altre aree del Sud i calderai Calasso, Pastano e Saponari, il cretaruolo Blasco di Faggiano da Grottaglie, e da Genova i tessitori Del Nigro e Giancola. Michele III, che amava le arti, spese un patrimonio per realizzare il maestoso castello di Francavilla e per acquistare opere d’arte da Luca Giordano e da Camillo Rosa, e non trascurò artisti locali, come Matteo Branchi di Manduria. Sempre Michele III mandò a Napoli i fratelli Pastorelli e Ludovico Delli Guanti ad apprendere l’arte della pittura, mentre Antonio Mogavero fu mandato in Spagna per affinare la sua conoscenza della musica, al punto che divenne maestro di cappella presso Filippo IV. Furono insomma secoli di grande promozione artistica e culturale, secoli tutti da scandagliare e ricostruire. Una fioritura di presenze e di scuole impressionante dovuta al gusto mecenatesco di queste famiglie».