È stato pubblicato pochi mesi fa per i tipi di Lupo Editore un nuovo libro della poetessa e scrittrice Laura D'Arpe, dal titolo Antifona (pp. 168, euro 10). Tema del libro: appunti e riflessioni sulla percezione del bello nell'arte. Il volume è stato presentato poche settimane anche a Lecce, presso la biblioteca provinciale Bernardini. L'autrice, originaria di Monteroni, nel Salento, è alla sua nona pubblicazione. Tra le precedenti, si ricordano Le tre vite (Congedo, Galatina 1993), Senza Tempo (Milella, Lecce 1995), Ametrica Carmina (Congedo, Galatina 1998), Sìrima (Congedo, Galatina 2001), Felixlandia (Kollemata, 2006).
In quarta di copertina è la stessa autrice a introdurre il libro e ad anticipare, a mo' di avvertenza, quello che aspetta il lettore: «A chi mi leggerà non ho voluto offrire che spunti di discorso e di dialogo, partendo dal titolo che è innanzi tutto autoironico, risolto in evidente autocritica. Non vuol essere neppure riscontro come anticipazione o preludio di un "salmo". Cade pertanto ogni intento di antinomie, di antitesi e antifrasi. Semplicemente ho palesato un personale gusto "del contrario", del bizzarro e del curioso. E tutto questo per non rischiare di esseri seri». Per questo volume, dunque, Laura D'Arpe abbandona momentaneamente la scrittura poetica per dare vita a brevi appunti, in realtà rapidi schizzi che rientrano spesso nello spazio di una pagina, e che non di rado arrivano quasi ad assumere la forma dell'aforisma, come in questo caso: «Si devono condannare e rifiutare quei versi inerti e molli, d’apparenza e non di sostanza, tanto quanto si disprezzeranno quelli duri e oscuri. Ma senza appello dovrà essere la condanna di quei brani in versi rozzi e sgorbiati da presunzione e faciloneria».
