La casa editrice Stilo ha inaugurato da poche settimane Officina, una nuova collana di ricerche letterarie, diretta dal prof. Daniele Maria Pegorari dell'Università di Bari. La collana di saggi e di testi commentati è orientata alla valorizzazione dei talenti critici che, nati all'interno delle facoltà universitarie, non vi trovano poi lo spazio adeguato per la diffusione delle loro ricerche. La varietà degli orizzonti crono-geografici e metodologici di Officina ne salvaguarda la massima ricettività ai temi del dibattito critico contemporaneo.
Il primo volume della collana è ad opera di Francesco Medici, giovane studioso barese che ha diviso i suoi studi tra l'italianistica e l'arabistica, e che ha già curato e tradotto per le Edizioni San Paolo alcune opere del poeta e pittore libanese Kahlil Gibran, di cui è tra i maggiori studiosi a livello internazionale. Nel saggio di Medici, dal titolo Luzi oltre Leopardi. Dalla forma alla conoscenza per ardore (pp. 176, euro 14), si «indaga la presenza del Recanatese nella coscienza poetica e critica di Mario Luzi, con particolare riferimento alla prima produzione luziana da La barca (1935) a Onore del vero (1957). Leopardi si rivela per Luzi un modello irrinunciabile da cui avviare una rifondazione della poesia a partire dalla sublimazione della vicissitudine nella forma, fino al suo stesso superamento in favore di una conoscenza animata dall’ardore della realtà».
Il secondo volume è la prima traduzione italiana dell'opera teatrale Montezuma (pp. 384, euro 20) di Giuseppe Antonio Borgese, composta durante l'esilio americano degli anni Trenta e Quaranta. La traduzione, insieme a un ampio saggio introduttivo e al commento, è ad opera di Sabina Colella, giovane studiosa di Monopoli che ha concentrato i suoi studi sulla figura dell'intellettuale siciliano e della letteratura sulla conquista del Messico. Il testo di Borgese è «un libretto d’opera in versi sulla conquista del Messico, che vide contrapposti il condottiero spagnolo Hernán Cortés e il leggendario re azteco Montezuma: dietro la filigrana epica, affidata alla suggestiva voce fuori campo dello storico Bernal Díaz del Castillo, si cela una violenta polemica contro il nazionalismo fascista, ispiratore di un colonialismo tardivo».
