martedì 18 dicembre 2007

Un musicista crepuscolare: Niccolò Van Westerhout


È da pochi giorni in libreria un nuovo volume della casa editrice musicale Florestano di Bari, questa volta incentrato sull’opera di un musicista pugliese della seconda metà dell’Ottocento, Niccolò van Westerhout. L’opera, a cura di Galliano Ciliberti, s’intitola appunto Un musicista crepuscolare: Niccolò van Westerhout (1857-1898) (pp. 408, euro 20), «nasce all’interno della Scuola di Didattica della Musica del Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli e si avvale di contributi di studiosi che hanno voluto arricchire il frutto delle fatiche seminariali di giovani entusiasti che aspirano a diventare insegnanti». Come recita ancora la scheda editoriale, «Niccolò van Westerhout fu un compositore irrequieto, dalle molteplici sfaccettature. Pugliese di nascita ma napoletano di studi e di cultura, operò in una Napoli dove la musica strumentale e la sua scuola pianistica restituirono alla città il rango di capitale della musica. In questo quadro van Westerhout manifestò la sua peculiarità non soltanto per le ambizioni teatrali coltivate con alterni successi ma per le singolari tendenze espresse nella sua copiosa produzione strumentale: dal recupero della musica antica ai brani da salotto, dalla Sonata dedicata a Brahms sino al simbolismo degli Insonnii, dalle Sinfonie al Concerto per violino. Egli fu un personaggio crepuscolare per la sua ambigua sospensione tra passato e futuro, tra alterità e tradizione».

Sulla figura del compositore molese è intervenuto anche Nicola Sbisà sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» dello scorso 15 dicembre, dove così si sintetizza la sua produzione musicale: «La sua produzione rispecchia un po’ la situazione esistenziale: moltissimi brani pianistici (era un abile pianista) e brani vocali che gli aprirono i salotti della città d’elezione ed anche opere cameristiche ed orchestrali (sinfonie e un concerto per violino e orchestra) che, data l’epoca, erano un aspetto abbastanza inconsueto nell’arco creativo di un compositore. L’opera comunque restava la sua vera aspirazione e alla fine ormai maturo riuscì ad esordire con la sua prima creazione del genere, ma, vedi caso non a Napoli, bensì a Roma dove il Cimbelino (su libretto di Colautti, ispirato a Shakespeare) andò in scena il 7 aprile 1893. Non fu quel che si dice un successo, e l’opera dopo sole tre rappresentazioni venne ritirata. Due anni dopo ritentò la fortuna con una nuova opera il Fortunio (su libretto di Scalinger) andata in scena questa volta a Milano al Teatro Lirico il 16 marzo
del 1895). L’anno dopo van Westerhout creò la sua opera più nota, Doña Flor, sempre su libretto di Colautti. L’opera in un atto e con soli tre personaggi, fu scritta per la inagurazione del piccolo teatro che la città natale aveva inteso creare ed intitolare al suo musicista. [...] Alla Doña Flor seguì Colomba (il cui libretto Colautti trasse da un romanzo breve di Merimée), ma che l’autore non vide mai rappresentata. Andò in scena infatti a Napoli, questa volta, nel 1923, quasi che la città intendesse riscattare la poca stima dimostrata in vita all'autore! Inedita rimase la Tilde (su libretto di Golisciani) ed appena abbozzata l’Imogene».

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