domenica 15 giugno 2008

"Augusto Curi arcivescovo di Bari", a cura di F. Sportelli

La Collana del Centro Studi Storici della Chiesa di Bari, diretto da Salvatore Palese e pubblicata dai tipi di Edipuglia, si arricchisce di un nuovo importante testo, il ventiquattresimo della collana. A cura di Francesco Sportelli, autore anche di una parte importante, è il volume Augusto Curi arcivescovo di Bari (1925-1933). Lineamenti di governo pastorale negli anni del fascismo (pp. 256, euro 25). Il volume si propone la ricostruzione dei caratteri storici dell’episcopato di Augusto Curi - nato in provincia di Ascoli Piceno nel 1870 - svolto presso la diocesi di Bari tra il 1925 e il 1933, durante il pontificato di Pio XI e sullo sfondo di una scena politica nazionale che vedeva l’affermarsi del fascismo. Il contributo di Francesco Sportelli analizza in dettaglio gli aspetti del governo pastorale di Mons. Curi, partendo delle vicende di iniziazione al percorso di formazione religiosa dello stesso vescovo, per poi approdare agli impegni assunti durante il suo episcopato barese e, infine, ai progetti pastorali, che si inserivano nel solco delle materie ritenute primarie e stabilite nel Codice di Diritto Canonico del 1919. Al saggio di Carmelo Turrisi, dal titolo Impegno pastorale di Ordini e Congregazioni religiose a Bari durante l’episcopato di Augusto Curi, segue uno studio di Francesco Lanzolla dedicato all'associazionismo cattolico barese nel progetto pastorale del vescovo Curi. La sezione finale del volume è dedicata alla redazione dell’intero corpo delle lettere pastorali, curata da Giacomo Fazio, che pone il lettore a diretto contatto con la fonte storica più significativa dei programmi e delle scelte pastorali di un vescovo.

Come sottolinea Roberto P. Violi in una recensione apparsa sulla «Gazzetta del Mezzogiorno», gli autori dei saggi cercano di dimostrare l'infondatezza, o quantomeno l'errata enfasi, proseguita nel corso degli anni, sulla percezione di Augusto Curi quale "vescovo fascista": «Il consenso di Curi al fascismo aveva [...] radici in una cultura di lunga durata e si espresse in toni enfatici soltanto in occasione dei Patti Lateranensi. In questo senso, il fascismo era visto come una provvidenziale opportunità e il Concordato, riconoscendo ai vescovi e al clero quello spazio civile che era stato negato dallo Stato liberale, offriva l’illusione di un ritorno alla subordinazione del mondo alla Chiesa. L’episcopato non riusciva a cogliere il carattere moderno e secolarizzato del regime, che giungeva a professare una sua religione tutta politica e una sua sacralità laica. Ne derivarono molti equivoci. [...] Nel 1931, Curi, come molti altri vescovi, fronteggiò con fermezza la decisione del fascismo di chiudere i circoli dell’Azione cattolica che anche a Bari si opponevano all’educazione di regime dei giovani. L’attacco fascista ai circoli, in quel vescovo concordatario e fiducioso nell’armonia tra fascismo e religione, destò grande stupore. La chiave di lettura dei fatti del ‘31, che si ricava dalla puntuale ricostruzione di Lanzolla, è proprio lo sconcerto. Il fascismo non solo non corrispondeva a quella sorta di docile e accogliente ambito di penetrazione del cattolicesimo che i vescovi avevano immaginato, ma addirittura arruolava i suoi fedeli, in concorrenza con la Chiesa, individuandoli in quegli stessi ambienti e strutture della religiosità naturale che si autoorganizzavano e tenacemente resistevano alle prescrizioni della autorità ecclesiastica».