È stato presentato ieri, 10 marzo, presso il monastero delle Benedettine a Lecce, a cura del Dipartimento di lingue e letterature straniere dell’ateneo leccese, il libro Qohélet. Versione in idioma salentino di Augusto Ponzio, pubblicato dalla casa editrice Milella di Lecce e a cura di Cosimo Caputo, docente di Semiotica nell'ateneo leccese. L'autore è docente di Filosofia del linguaggio all’Università di Bari, e ad autore e curatore sono intervenuti Susan Petrilli, docente di Semiotica dell’ateneo barese, suor Luciana Mirjam Mele, benedettina del monastero San Giovanni Evangelista e Alizia Romanovic, docente di Lingua e letteratura russa e direttrice del Dipartimento di lingue e letterature straniere dell’Università del Salento.
Sul sito personale del prof. Augusto Ponzio (http://www.augustoponzio.com/) si legge questa premessa sulla sua originale traduzione: «A un certo punto, di recente, mi è capitato di pensare Qohélet nel mio dialetto (il leccese di S. Pietro Vernotico, il mio paese). Mi è parso che in quest’idioma esso si lasci ascoltare e capire meglio, almeno per me; come se questo dialetto, nei suoi luoghi comuni, sia molto adatto ad accogliere e ospitare il pensiero di Qohélet; di più: come se la visione del mondo di questo dialetto sia qohéletica. Nel Dizionario Leccese-Italiano di Antonio Garrisi (2 voll. più il glossario Italiano-Leccese, Capone, 1990), a cui spesso ho fatto ricorso per la trascrizione (tranne che per ddr che ho preferito alla notazione usuale) e per la verifica di parole ed espressioni, si trovano molte frasi-esempio, modi di dire, che potrebbero senz’altro stare in bocca a Qohélet (come "tocca ccampamu subbra sta terra te dulori e nfanni"). [...] Non conosco l’ebraico. La mia versione in dialetto salentino, in quella variante che è il dialetto sampietrano (che somiglia al palermitano – ho avuto occasione di farne esperienza diretta a Mistretta, in occasione di un convegno su Antonino Pagliaro; tanto che Domenico Modugno, cresciuto nel mio paese, in alcune sue canzoni, faceva passare, con qualche aggiusto, questo dialetto per siciliano) è una versione di versioni ("traduttor de’ traduttor…").
Se c’è un intento di recupero dell’originario, qui l’originario è il mio dialetto: è esso che in questa versione ho cercato di rendere. Qohélet è solo un pretesto, un pretesto che bene provoca il riemergere di espressioni e parole delle quali la memoria, non solo la mia personale, tende ad affievolirsi».