sabato 19 aprile 2008

Editoria in Puglia: intervista a Raimondo Coga

Dopo l'intervista all'editore della casa editrice Progedit Gino Dato, Felice Blasi è tornato ieri a occuparsi sulle pagine culturali del «Corriere del Mezzogiorno» dell'editoria in Puglia con l'intervista a un'altra delle maggiori personalità in questo campo: Raimondo Coga, presidente e fondatore della storica casa editrice barese Dedalo. Nelle parole di Coga si legge tutta l'esperienza del mestiere dell'editore: «Fare l'editore in Italia è percepito come un fiore all'occhiello, non come un mestiere. Deve invece essere un mestiere con le sue ragioni economiche, deve produrre, deve rendere. Da noi spesso gli editori lo sono senza un piano, con i soldi della zia o della nonna, e stampando troppo, senza una strategia».

Riporto anche stavolta alcuni stralci di questa interessantissima intervista:
Qual è lo stato del settore, in Puglia e in Italia?
«Gli editori misurano le percentuali di vendita con i cosiddetti indici di assorbimento. Un indice di assorbimento pari a 30 in Lombardia è di circa 7-8 in Puglia, riferendoci all'editoria di cultura e alla saggistica. Per la narrativa i dati sono un po' diversi, ma non molto. Come è noto, Dedalo pubblica solo saggistica, questa è stata la mia scelta da sempre e continuerà così. Una scelta che a volte è stata fortemente penalizzante [...]».

Ma qual è il vero male dell'editoria italiana? I soliti pochi lettori?
«In Italia succedono cose strane. Il cacciatore di aquiloni ha venduto un milione e mezzo di copie, cioè un milione e mezzo di persone sono andate in libreria a comprare quel libro. Quindi gente che legge ce n'è. Oppure, per la saggistica, pensiamo a un libro come La casta. Come si fa a dire che i libri non si vendono? Certi interessi, o certe mode, vengono soddisfatte. La malattia dell'editoria italiana è che si pubblicano troppi libri. Ed è una malattia di tutti gli editori italiani. Una volta in Germania una segretaria dell'editore Springer mi disse che noi editori italiani siamo visti come un fenomeno difficile da capire. "Avete una lingua che leggete solo in Italia, mi diceva, avete un sistema di pubblica lettura che non funziona, perché in Germania un editore che pubblica un libro interessante trova duemila biblioteche che lo comprano. Nonostante tutto, da voi nasce un editore al giorno, pubblicate un sacco di libri e non si capisce chi li compra". Aveva ragione allora e avrebbe ragione oggi. In Italia nascono decine di editori ogni anno, ma altrettanti chiudono».

Infine, Raimondo Coga esprime una speranza sul ritorno di una forma di editoria come intervento politico: «A suo tempo, nel '69, sia pure senza la volontà di farlo, io contribuii un po' a dividere la sinistra. [...] Oggi quello che farei, e ne ho anche parlato con alcuni importanti esponenti, ma che non so se farò mai, sarebbe una sorta di nuovo Manifesto che riunifichi la sinistra. Cosa che è ancora molto lontana e difficile».